I paladini dell’infanzia contro la pas. Che lede i diritti di donne e bambini. E che – udite, udite! – apparterrebbe all’ideologia “pedofila”.

I nomi son sempre i soliti. Inutile farli anche perché chi è stato toccato dal problema di relazioni genitoriali ingiustamente spezzate li conosce bene.

Un gruppo sparuto ma assai organizzato composto da un paio di avvocati, un paio di politici compiacenti, e le solite mamme impavide, quelle che se vogliono i figli tutti per sé devono – a loro dire – avere il diritto di poterseli prendere. Con le buone o con le cattive che importa? I figli sono di mamma, ce lo hanno sempre detto, perché meravigliarsi dunque? La parola d’ordine del “drappello” è dunque “NO PAS”, “NO AFFIDAMENTO CONDIVISO” se mamma non vuole.

Si parla di interesse del minore ma anche questa volta l’impressione è che dietro l’usurato slogan di facciata, si cerchi di tutelare tutto meno che i minori. Fatto è che l’impresa dei nostri negazionisti della PAS questa volta non si presenta per niente facile: questa volta, infatti, il confronto è addirittura con la cultura Americana dove il dramma dei cosiddetti fatherless (figli senza padre) ha portato ad una revisione profonda delle prassi usate nell’affidamento dei figli in caso di separazione e all’adozione di strumenti atti a limitare i danni ai minori.

Le statistiche dei figli cresciuti a partire dagli anni 60 senza padre in america sono ben note.

Per la diffusione e la gravità del fenomeno, ed anche grazie allo stimolo ricevuto ad opera del Presidente Bush, negli Usa si stanno conducendo studi importanti studi sui bambini fatherless.

Le cifre del “fatherless” sono quanto mai indicative. Infatti da questi studi risulta che non hanno avuto contatti significativi col padre:

Il 63% dei giovani suicidi

L’85% dei detenuti

Il 72% dei giovani omicidi

Il 60% degli stupratori

Il 70% dei detenuti per lunghe condanne

Il 90% dei “senza fissa dimora”

Il 70% dei giovani avviati ai riformatori

L’attuale gestione giudiziaria del conflitto separativo impone agli ex-coniugi un modello conflittivo che agisce rendendo irrisolvibile, perché ricorsivo e autoreferenziale, il conflitto fra la coppia in separazione.

Il risultato del percorso giudiziario attuale – laddove non si applichi e/o non si riesca a imporre una vera gestione bigenitoriale dello sviluppo dei minori – determina la perdita dei contatti tra i figli ed un genitore, di solito il padre.

La situazione di “fatherless” individuale e sociale che così si determina è – secondo letteratura scientifica autorevole e costante – un potente fattore di disagio psichiatrico, psicologico, criminale. Le statistiche disponibili (soprattutto USA) dimostrano quanto siano gravi e diffusi i danni determinati da tale gestione conflittuale della separazione

ABSTRACT:

The current judicial management of the divorce conflict imposes a hostile model which, being recursive and self-referential, makes the conflict between the spouses in separation unsolvable. The result of the judicial path is that – where not applied and/or not imposed true bi-parental management of the bringing up of the children – determines the loss of contact with a parent, usually the father. The following situation of individual and social “fatherlessness” is – according to pre-eminent and constant scientific literature – a powerful factor of psychiatric, psychological and criminal malaise.

Statistics available (above all in USA) demonstrate how serious and diffuse the damages determined by such hostile management of the separation are.

 

Di fronte ai tragici risultati della disfatta della famiglia americana,  numerosi ricercatori hanno cercato soluzioni capaci di recuperare il tessuto sociale ormai alla deriva e, insieme, hanno trovato nella teoria della Sindrome Alienazione Genitoriale descritta dallo psichiatra Richard Gardner, una valida soluzione di contrasto al fenomeno.

Poiché in America, a parte singoli e particolari casi, il nuovo approccio al tema delle separazioni anche grazie all’introduzione in ambito giudiziario della PAS)  sta dando ottimi risultati, era ed è fin troppo scontato che anche altre realta’ nazionali passate attraverso il dramma dell’affido monogenitoriale anni 70, si stiano interessando alle soluzioni adottate.

Ma ai nostri paladini la cosa non piace. Proprio non va giù. I nostri “eroi” fanno un sacco di confusione però ed è fin troppo evidente che le idee chiare sull’argomento proprio non le hanno. Ce ne accorgiamo quando parlano, ad esempio, di difendere i diritti dei bambini per poi associare quest’ultimi – secondo i dettami di una impescrutabile alchimia – a quelli, non meglio specificati, delle mamme “protettive” (iperprotettive).

Ma forse dovrebbero dirci – questi nostri esperti di negazione dell’alienazione genitoriale (che però è un dato di fatto rilevato ovunque e da chiunque)  – se intendono occuparsi dei bambini o di donne. Se intendono far prevalere i diritti dei primi, ovvero subordinare quelli agli interessi di persone spesso dalla personalita’ disturbata le quali, nel loro delirio, non intendono rinunciare ad essere il SOLO genitore. Quello buono, si intende.

In questo contesto di intenti, desta ancora piu’ stupore il modo che gli eroi dell'”anti-pas” hanno individuato per tentare di screditare (in effetti non è che di strade ce ne fossero poi molte e balza evidente agli occhi di tutti che l’unica cosa intelligiente da fare fosse tentare di imparare dall’America) la Sindrome di Alienazione Genitoriale. Ebbene… oggi lo sanno tutti… il sesso è potente e se accusi qualcuno di pedofilia lo metti all’angolo. La giustizia si occuperà di lui ma serviranno anni e anni prima che possa uscirne scadionato. Ed ecco allora che  MISTIFICANDO alcune affermazioni di chi per primo descrisse la sintomatologia di interesse psichiatrico chiamata Sindrome di Alienazione Genitoriale (affermazioni tra l’altro successivamente precisate prima della morte dallo stesso Gardner) indicare il prof. Richard Gardner stesso come un “ideologo della pedofilia”.

Tanto basterebbe, ad avviso dei nostri paladini asseritamente esperti di abusi sull’infanzia, a mettere fuori discussione PAS, Gardner e tutti gli altri psicologi e psichiatri che a quella descrizione del disagio vissuto dai figli allontanati da uno dei loro genitori, fanno riferimento.

Una operazione degna della più squallida cialtroneria in cui tutti si occupano di tutto e dove tutto è possibile essere trattato sempre allo stesso modo… “sembri un pedofio…” TACI!

Che pena. E che dio abbia pietà di loro.

Scritto in Roma il 6 maggio 2011 pensando a uomini, donne e bambini. E alle loro tragedie familiari.

Take care… to be continued.
Bibliografia:

1.President G.W. Bush “A Blueprint For New Beginnings” – http://www.whitehouse.gov/news/usbudget/blueprint/blueprint.pdf
2.Blankenhorn, D. (1995). Fatherless America: Confronting our most urgent social problem. New York: Basic
3.Davis, J.E., and W.E. Perkins. 1996. Fathers’ Care: A Review of the Literature. National Center on Fathers and Families.
4.Halle, T., Moore, K., Greene, A., and S. LeMenestrel. 1998. “What Policymakers Need to Know About Fathers.” Policy and Practice 56(3): 21-35.
5.Johnson, D.J. 1996. “Father Presence Matters: A Review of the Literature”. National Center on Fathers and Families.
6.Amato, P.R., and J.G. Gilbreth. 1999. “Nonresident Fathers and Children’s Well-Being: A Meta-Analysis.” Journal of Marriage and the Family 61(3): 557-573.
7.Furstenberg, F.F., Morgan, S.P., and P.D. Allison. 1987. “Paternal Participation and Children’s Well-Being After Marital Dissolution.” American Sociological Review 52(5): 695-701.
8.Gadsen, V. L. 1995. “The Absence of Father: Effects on Children’s Development and Family Functioning”. University of Pennsylvania, National Center on Fathers and Families.
9.Nord, C., and N. Zill. 1996. Non-Custodial Parents’ Participation in Their Children’s Lives: Evidence from the Survey of Income and Program Participation. U.S. Department of Health and Human Services.
10.National Center on Fathers and Families. “The Fathering Indicators Framework: A Tool for Quantitative and Qualitative Analysis.” University of Pennsylvania, Graduate School of Education.
11.Gaetano Giordano “Verso uno studio delle “transazioni mobbizanti”: il mobbing genitoriale e la sua classificazione” http://www.psychomedia.it/pm/grpind/separ/giordano1.htm
12.Gaetano Giordano “Il mobbing genitoriale dall’etologia all’etica” http://www.psychomedia.it/pm/grpind/separ/giordano3.htm
13.
14.Claudio Risè “Il padre: l’assente inaccettabile” San Paolo Ed. 2003
15.3° Rapporto Nazionale Eurispes-Telefono Azzurro sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza “Il disagio da separazione – Separazione e divorzio in Italia: un conflitto infinito” http://www.psychomedia.it/pm/grpind/separ/scheda36.htm

FACEVA SESSO CON UN ALBERO – ARRESTATO 21ENNE

Alle perversioni non c’è mai fine. Lo dimostra il caso di un 21enne scozzese, sorpreso e arrestato mentre faceva sesso con un albero. Per la precisione, secondo il Sun, il ragazzo stava violentando una pianta al Central Park di Airdeie (dove non potrà più mettere piede). William Shaw, questo il nome del maniaco dal pollice verde, si sarebbe avvicinato all’albero per poi calarsi i pantaloni fino alle caviglie ed infine “abusare” della povera pianta. Non si tratta del primo episodio del genere in Scozia: nel 2007 Steven Marshall, diciannovenne, tentò di violentare un pavimento. L’anno scorso due addetti alle pulizie salvarono una bicicletta dal tentativo di stupro di Robert Stewart, 53 anni. E ancora prima, nel 1993 l’elettricista Karl Watkins è stato incarcerato per avere commesso atti sessuali con il manto stradale. (27/1/2010)

http://www.thescottishsun.co.uk/scotsol/homepage/news/2815615/William-Shaw-rapped-for-alleged-try-for-a-tree-bonk.html

Le possibili “contraddizioni” di una legge tra volontà del legislatore e oggettività del testo. – Dr. Giacomo Rocchi, Magistrato

Le contraddizioni della Legge – Dr. Giacomo Rocchi – Magistrato

1. Quando una legge è approvata definitivamente e promulgata, il suo contenuto è ormai cristallizzato nel testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e su questo testo si concentrano gli interpreti: coloro che devono applicare la legge – operatori del settore, magistrati, avvocati, funzionari pubblici – nonché gli studiosi del diritto. Il criterio fondamentale di interpretazione è quindi quello oggettivo, che ha riguardo al testo e al suo significato e prescinde quasi del tutto dalle cosiddette “intenzioni del legislatore” che si possono ricavare dai lavori preparatori (proposte originarie, modifiche, emendamenti, discussione parlamentare dei singoli articoli, discussione generale ecc.). In sostanza – anche se può sembrare un’osservazione banale – una legge opera ed è efficace in forza del suo contenuto definitivo, a prescindere dalle intenzioni o dai desideri dei parlamentari che hanno contribuita ad approvarla e quindi, talvolta, anche contro queste intenzioni e questi desideri.
Il legislatore (cioè la maggioranza parlamentare che ha contribuito ad approvare la legge), ad un esame obbiettivo del testo normativo, potrà quindi risultare distratto (se non si è reso conto che, approvando un certo testo, non avrebbe ottenuto i risultati perseguiti) oppure in mala fede (se avrà proclamato un determinato principio facendo però in modo che esso non sia realmente realizzato) o ancora tecnicamente incapace (se non avrà tenuto conto degli effetti giuridici derivanti da altri rami del diritto, ad esempio i principi costituzionali che regolano il diritto penale); o, al contrario, attento, in buona fede e tecnicamente capace.
Ma l’interprete della legge lascia volentieri ad altri le valutazioni politiche o morali sull’operato del legislatore e si concentra, come si è detto, sul testo, magari – come in questo scritto – facendone emergere le contraddizioni e la sua reale efficacia.

[… …]

Ci sono in realtà ben altri modi per far funzionare una legge. Un esempio lo fornisce la legge 20/7/2004 n. 189 contenente “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali …”: legge approvata pochi mesi dopo la legge 40. La legge punisce severamente le condotte crudeli verso gli animali fino a giungere a punire con la reclusione da tre a diciotto mesi chiunque, per crudeltà e senza necessità, cagiona la morte di un animale (art. 544 bis c.p.).
Una recentissima sentenza della Cassazione apre lo squarcio su una vicenda a dir poco grottesca: un uomo, denunciato con l’accusa di maltrattamento di animali all’inizio del 2004 poiché accompagnava a passeggiare un cane meticcio malato, poi morto, per il sospetto che quelle passeggiate potessero aver cagionato, o affrettato la morte, alla fine del 2006 non aveva ancora visto finire la sua vicenda processuale (che probabilmente è ancora in corso): infatti, dopo una prima archiviazione da parte del G.I.P. su richiesta del P.M., la sezione locale dell’Associazione Nazionale per la Protezione degli Animali (A.N.P.A.) aveva chiesto la riapertura delle indagini (si ricordi: il cane era già morto da tempo); il P.M., ritenendo che non ve ne fosse necessità, aveva nuovamente chiesto l’archiviazione, poi disposta dal G.I.P. (11/1/2005); l’A.N.P.A., allora, aveva proposto ricorso per cassazione contro il decreto del G.I.P. deducendo di non essere stata avvisata della richiesta di archiviazione; davanti alla Corte di Cassazione a Roma, l’indagato (che evidentemente iniziava a preoccuparsi …) aveva nominato un avvocato (con le spese conseguenti). La Cassazione, con la sentenza ricordata, ha dato ragione al ricorso dell’A.N.P.A. e ha restituito gli atti al P.M. che, evidentemente, a questo punto dovrà (dopo tre anni …) fare qualche indagine.
A parte la valutazione dell’intera vicenda, interessante è notare che la Cassazione fonda la sua decisione sul fatto che la legge 189 attribuisce un ruolo particolare agli enti di tutela degli animali (che dovrebbero essere iscritti in un elenco ministeriale non ancora approvato), cosicché questi enti possono agire nel processo come se fossero persona offesa.

Ecco un modo, come si vede (fin troppo) efficace, per garantire davvero la tutela degli animali maltrattati o uccisi; [… …]

[Fonte: Dr. Giacomo Rocchi – Le contraddizioni della legge 40 – http://www.federvitapiemonte.it/html/nav_Dr._Giacomo_Rocchi_-_Le_contraddizioni_della_legge_40.php]

L’ultimo passo verso la povertà

In Italia, dice la Caritas, il 25 per cento degli ospiti delle mense dei poveri sono persone separate o divorziate: molti dormono in auto, alcuni nei dormitori pubblici; altri, certamente più fortunati, tornano a vivere con i genitori. Sono operai, ma anche impiegati e insegnanti.

La ragione di questo fenomeno è facilmente comprensibile: mantenere due abitazioni è spesso impossibile quando i denari non bastano neppure per pagare le rate del mutuo o il canone di locazione della casa coniugale. Non succede solo da noi: Daniel Clement, un avvocato divorzista di New York che cura un frequentatissimo blog dedicato al diritto di famiglia, ha scritto: «Fino a qualche anno fa ci occupavamo di dividere patrimoni e guadagni. Oggi ci occupiamo di ripartire i debiti».

E’ dura sopratutto per i padri. la legge giustamente si propone di salvaguardare in primo luogo l’interesse dei figli e quindi prevede che la casa coniugale sia assegnata al genitore con cui questi vivono; poiché, com’è noto, generalmente i bambini dopo la separazione continuano a vivere con la madre, al padre non resta che raccogliere le proprie cose e andarsene.

CARLO RIMINI – TORINO – 07/05/2010

[Fonte: http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/209952/]

Padri divorziati vittime di violenza economica: “Il mio bambino mi vede senza denaro, non conto più”

Una vita a metà, scandita da una routine che cozza con la consapevolezza di una ferita insanabile. E’ la prova più dolorosa, ripetuta ogni giorno, alla quale deve sottoporsi un ex-coniuge: uomo o donna non importa, il fallimento non ha sesso. Se poi viene meno la certezza del lavoro, allora il colpo di grazia è totale.

Anche i figli sono in pillole: questo, più di tutto, divora chi ha già dovuto rinunciare alla casa affrontando una lunga serie di ristrettezze economiche. «Il mio lo vedo una volta ogni 15 giorni – racconta Riccardo, uno dei tanti padri separati, che a distanza di anni ha ancora il groppo alla gola -. Resta con me dal sabato pomeriggio alla domenica pomeriggio».

Appena un giorno per parlarsi e provare a fingere una normalità fasulla. Ma i rancori e le ritorsioni che spesso accompagnano la fine di un rapporto possono rendere la situazione ancora più difficile. L’eventualità che uno dei due ex-coniugi si rifaccia una vita è una mazzata in più per quello che resta solo con i suoi ricordi.

A Riccardo è accaduto. Qualche tempo dopo la separazione, la compagna di un tempo si è risposata e ha avuto un figlio da un altro. Quel che è peggio, si è trasferita in una regione vicina: vicina ma abbastanza lontana per diradare le visite al bambino di primo letto, che oggi ha 12 anni. «Da tre volte alla settimana le visite sono scese a due volte al mese, capisce? – spiega il papà senza sapere a quale santo votarsi -. Non solo. L’ultima volta mio figlio ha detto che non potevamo vederci perchè doveva giocare a pallone… Non capivo, ho provato a insistere. Alla fine ha preso il telefono la mia ex-compagna. Mi ha avvertito di piantarla, ha detto che se volevo potevo pure sporgere denuncia».

Come se uno potesse combattere la distanza e ripristinare a suon di carte bollate l’affetto di un figlio che lentamente si spegne. «Per me era importante vederlo – spiega Riccardo -. La volta precedente, quando ha fatto la Cresima, mi sono limitato ad andare alla cerimonia prima di scappare via. Contavo su un giorno tutto nostro per festeggiare insieme».

Invece doveva giocare a pallone. Eccolo, il nemico. I rapporti che si allentano, il prevalere delle cose non dette: «Mio figlio capisce che non conto nulla e io non posso farci niente. Le poche volte che ci vediamo cominciamo a sembrare due estranei. Non so come vive, come passa le giornate, quali sono i suoi interessi… Gli chiedo della scuola, poi la conversazione si spegne. Una volta non era così».

ALESSANDRO MONDO – TORINO – 07/05/2010

 
[http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/209982/]

Quel male “cavalcato” dai media. Per screditare il bene.

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ll triste fenomeno degli abusi sessuali nei confronti di minori perpetrati da chierici ha avuto negli ultimi anni una amplissima ricaduta mediatica specialmente nel mondo occidentale. Non certo perché il fenomeno sia statisticamente più significativo nel clero cattolico rispetto ad altri organismi. Né tantomeno perché l’azione dei media «fosse guidata solamente dalla pura ricerca della verità», come ha riconosciuto da Benedetto XVI nel suo ultimo libro intervista con Peter Seewald (è «evidente» che «vi fosse anche un compiacimento nel mettere alla berlina la Chiesa e, se possibile, screditarla»). Ma lo

stesso Pontefice sottolinea che «non avrebbero potuto dare quei resoconti se nella Chiesa stessa il male non ci fosse stato. Solo perché il male era dentro la Chiesa, gli altri hanno potuto rivolgerlo contro di lei».

 

Insomma, per usare ancora le parole del Papa, il fenomeno dei sacerdoti accusati di abusi è stata come «una grossa nube di sporcizia». Una «nube di sporcizia» che è stata sollevata da molti Paesi. Negli Stati Uniti e in Irlanda in special modo ma, in particolar modo dallo scorso anno, anche in Germania, in Olanda, in Belgio. In quest’ultimo Paese lo scandalo ha riguardato anche un vescovo che ha ammesso di aver compiuto abusi nei confronti di un proprio nipote. Il vescovo, Roger Joseph Vangheluwe di Brugge, si è dimesso. Sempre in Belgio la magistratura locale ha avuto un atteggiamento molto aggressivo nei confronti della Chiesa locale, accusata di voler adottare una politica di “copertura” nei confronti degli abusi operati da sacerdoti. Sono state addirittura violate e ispezionate nella cattedrale di Malines le tombe di alcuni vescovi per cercare prove in questo senso, il che ha provocato una risentita risposta diplomatica da parte della Santa Sede.

 

Comunque in tutti questi Paesi gli episcopati locali hanno messo in campo delle procedure per accogliere le accuse da parte delle vittime di abusi e per evitare che quanto avvenuto in passato non si ripeta più. In questo quadro uno dei nodi della questione riguarda l’obbligatorietà o meno per un vescovo di denunciare alle autorità civili un proprio sacerdote accusato di abusi. Come spiegò monsignor Charles J. Scicluna, il “pm” dell’ex Sant’Uffizio, nella sua intervista ad Avvenire del 13 marzo 2010 nei Paesi in cui vige questo obbligo l’indicazione «è di rispettare la legge». Altrimenti, aggiunse, «non imponiamo ai vescovi di denunciare i propri sacerdoti, ma li incoraggiamo a rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime».

 

[http://www.avvenire.it/shared/pedofilia/dossierorchi.pdf]

Se mai serviva una prova che il nazifemminismo fosse realta’, adesso l’abbiamo.

SONO STATI DISABILITATI QUASI TUTTI GLI ACCOUNT AMMINISTRATIVI DELLE PAGINE.

VI chiediamo QUINDI DI SCRIVERE A FACEBOOK disabled@facebook.com chiedendone la riattivazione e spiegando ciò che presumibilmente è successo.

(SEGNALAZIONI PIRATA)

DENUNCIAMO LA CENSURA MESSA IN ATTO DA SOGGETTI CHE OPERANO ILLEGALMENTE

NON PIEGHIAMOCI ALLA PREPOTENZA

grazie per esserci

Attraverso questo blog avverranno ulteriori comunicazioni nell’attesa che loe responsabilita’ di quanto accaduto oggi siano verificate.

“Quando la casta si incazza…” – di Massimo Bonaventura

“Il potere logora chi non ce l’ha”, diceva il divo Giulio., anche se con questa frase ormai celebre intendeva riferirsi all’invidia che il potere suscita in coloro che non lo detengono.

Ma c’è un’altra faccia del “potere che logora chi….”, che vien fuori quando qualcuno esprime delle opinioni pungenti su un appartenente alla casta (qualunque essa sia, politica, giudiziaria, televisiva etc), facendolo incazzare. Se poi l’incauto critico, pur non avendo offeso nessuno, appartiene ad una piccola ma determinata testata on line, le cose si mettono male.

Questo è ciò che sembra essere accaduto ai redattori del “Legno Storto”, web-quotidiano che ha pestato i calli a nientepopòdimenoche il Dr. Palamara (ANM) e Piercamillo Davigo. La vicenda ha attratto la mia attenzione già qualche giorno fa, quando ho letto un brano di una lettera diffusa da Antonio Passaniti e Marco Cavallotti, titolari della testata, i quali segnalavano:

il nostro giornale sta correndo il pericolo di essere chiuso. Negli purchase prozac online ultimi tempi, infatti, ben due magistrati, cioè il dr. Luigi Palamara e il dr. Pier Camillo Davigo, ci hanno querelato. Per l’esattezza la Procura di Roma ci ha comunicato (attraverso il quotidiano la Repubblica, divenuto ormai il “postino” e il “megafono” delle procure) che ha aperto un fascicolo per le minacce che noi avremmo formulato con questo articolo nei confronti del dr. Palamara. Giorni fa abbiamo poi ricevuto una citazione dal dr. Davigo che ci chiede 100.000 € per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa per quest’altro articolo , pubblicato da noi il 21 giugno 2009.

Per completare il quadro di quella che a noi pare una manovra per farci fuori dalla rete, circa due mesi fa abbiamo ricevuto un’altra querela dal sindaco di Montalto di Castro – Salvatore Carai del Partito Democratico – che si è sentito diffamato da questo articolo che abbiamo pubblicato su il 27 ottobre 2009. Al di là di ogni considerazione sul merito degli articoli, che agli occhi di chiunque li legga senza volontà punitive riterrebbe duri, certo, ma sempre nell’ambito del diritto di critica, la cosa che lascia esterrefatti è la rapidità con la quale sono state notificate le querele e/o l’avvio di indagini, quando si tratta di magistrati. Una denuncia per diffamazione di un qualunque cittadino verso qualcuno che non appartenga alla casta della magistratura, in Italia, impiegherebbe sicuramente anni per giungere a destinazione. Noi invece siamo chiamati a giudizio (querela del dr. Davigo) il prossimo 28 luglio per un articolo pubblicato il 21 giugno 2009. La giustizia insomma, quando vuole – cioè quando si tratta di uno di “loro” – dà prova di grande celerità ed efficienza: poco più di un anno. Nell’atto di notifica del dr. Davigo c’è applicata un’etichetta con la scritta: “Urgente”. Chiaro il concetto: visto che si tratta di un “pezzo da novanta” della casta (la citazione del dr. Davigo comincia così: «L’odierno attore, attualmente in servizio presso la II sezione della Suprema Corte di Cassazione in qualità di Consigliere…») la giustizia deve fare il suo corso in tempi rapidissimi…“.

E ancora: “Da domani il Web potrà avere una voce libera e liberale in meno, e l’ordine regnerà ancor più indisturbato intorno a una Magistratura che non ammette critiche. È una sconfitta per noi, certo, ma è anche un colpo per tutti coloro che ritengono sacrosanta la raccomandazione di Voltaire: battersi per consentire, a chi la pensa diversamente da noi, di esprimere liberamente la propria opinione. Oggi gran parte della magistratura combatte, non applica la legge, in omaggio al principio etico-politico che spetta ai magistrati il compito di raddrizzare il Legno Storto dell’umanità“.

No comment, ma sull’argomento ci torneremo. Il Legno Storto è una voce sicuramente “non allineata”, e se ha subito chiarissime intimidazioni è il caso di continuarne a parlare……

[Fonte adiantum.it]

Liberta’ di espressione, diritto di critica e esigenze di “sicurezza”. Quale futuro?

Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d.L. 733)  con un emendamento, tra gli altri, del senatore Gianpiero D’Alia (UDC) identificato dall’articolo 50-bis:  Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere  compiuta a mezzo internet;

la prossima settimana Il testo approderà alla Camera diventando l’articolo nr. 60.

Il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo e ciò la dice lunga sulla trasversalità di questo che, secondo l’opinione di molti, rappresenta un vero e proprio disegno liberticida.

Tutto dipendera’ dalle interpretzione e dalla “mediazione” che sara’ fatta tra principi costizyuzionalmente garantiti e esigenze di sicurezza ma, in pratica, c’è chi sostiene che in base a questo emendamento potrebbe determinare situazioni insostenibili. Ad esempio, se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog a disobbedire (o a criticare?) ad una legge che ritiene ingiusta,  i /providers/ dovrebbero bloccare il blog.

Questo provvedimento potrebbe far oscurare un sito ovunque esso si trovi, anche all’estero; il Ministro dell’Interno, in seguito a comunicazione dell’Autorità Giudiziaria, può infatti disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare pharmacies online gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore; la violazione di tale obbligo, secondo l’ementamento presentato al senato, comporta per i provider una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000.

Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’apologia di reato oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni perl’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio fra le classi sociali.

Vi ricordo che il nostro è l’unico Paese al mondo dove una “media company” (Mediaset) ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento.

Le voci più critiche dell’opposizione sottolineano il fatto che il Governo sta intervenendo su una materia che vede coinvolta un’impresa del Presidente del Consiglio in un conflitto giudiziario e d’interessi.

Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo di “normalizzare” con leggi ad hoc  internet e tutto il istema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riescono a controllare.

Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet in Italia il governo si ispira per quanto riguarda la libertà di stampa alla Cina e alla Birmania?

Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati il blog Beppe Grillo e la rivista specializzata Punto Informatico.

In nome della libertà di espressione e di critica, adesso lo facciamo pure noi…… 😉

Padri separati & femminismo: un conto aperto da chiudere in fretta

Sono ormai trascorsi 8 lustri dalla legge n. 898/1970 sul divorzio del 1 dicembre 1970. Una legge giustamente voluta e richiesta dai movimenti femminili per dare risposta ad una indissolubilità del matrimonio che trovava nella realtà sociale del tempo l’ingiustizia di convivenze impossibili. Pur al grido di io sono mia e mi gestisco io il divorzio fu invocato quindi come estrema ratio per quelle situazioni caratterizzate dalla irreparabilità di un rapporto ormai non più recuperabile.

Oggi che quaranta anni sono trascorsi possiamo concederci alcune considerazioni soprattutto tenendo conto che col trascorrere del tempo la legge iniziale ha gradualmente trovato supporto e attuazione concreta con l’applicazione concomitante di nuove e diverse norme giuridiche inserite nel codice civile e, sempre più frequentemente, anche nel codice penale.

Quando negli anni in cui il movimento delle donne italiano fremeva per l’attuazione di leggi che sostenessero le rivendicazioni femminili non esisteva alcuna forma di aggregazione maschile in grado di “contrattare” quelle rivendicazioni e credo sia abbastanza pacifico ritenere che le istanze femministe furono accolte in assenza di alcun reale contraddittorio uomini/donne. In conseguenza di ciò, l’attuazione di norme e prassi separative potè avvenire senza la necessita’ di particolari mediazioni.

Del resto il mondo maschile fu colto come di sorpresa da quella enorme bolla che fu il femminismo e che, insieme alla liberazione sessuale, portava in sé e fin dall’inizio un carico enorme di accuse al mondo maschile responsabile, almeno agli occhi di chi quel movimento sosteneva, di secoli e secoli vissuti all’insegna di ingiusti atteggiamenti sociali non equalitari e soprattutto oppressivi nei confronti del genere femminile.

Ancora oggi alcune esponenti del movimento di quegli anni sostengono che qualsiasi mediazione non sarebbe però stata in alcun modo possibile annoverando le conquiste dei diritti delle donne in una sorta di bottino di guerra frutto di una rivoluzione degli schiavi insorti contro il padrone (come tale da non coinvolgere e, in quest’ottica, plausibilmente da escludere e forse “punire”).

Non sappiamo né potremo mai sapere come gli uomini, i singoli capofamiglia del tempo, abbiano vissuto l’ingresso del divorzio nella normativa e la successiva capillare penetrazione di un costume totalmente e poliedricamente nuovo. Possiamo solamente constatare come l’atteggiamento maschile sia stato indubbiamente caratterizzato da una marcata passività.

Il divorzio quindi anche da leggere come il sintomo di un cambiamento sociale che non poteva attendere. Il divorzio anche e soprattutto come uno strumento non dichiarato per sostenere le istanze femministe è una considerazione che possiamo fare noi a posteriori consapevoli che nel corso della storia sul palco c’era solo e solamente il mondo femminile. Ma quali erano le domande del mondo femminile alla societa’ civile? Tra queste c’era sicuramente il discorso dei pari diritti e delle pari opportunita’, c’era il desiderio di destrutturare ruoli millenari e c’erano anche mille altre richieste. Le più varie. Le più articolate. Tutte in evoluzione man mano che gli anni sono poi trascorsi.

Anche la provenienza di queste istanze era poi diversa proprio perché col tempo la compattezza del femminismo venne meno ed esso si divise in più correnti ognuna caratterizzata da una diversa tolleranza alla scia resistente dei ruoli uomo/donna che permaneva e permane tuttora. Dal femminismo naquero quindi i femminismi ossia movimenti diversi con istanze e progettualita’ diversa originatisi dal movimento femminile anni 60/70.

A grandi linee il percorso che porto’ dal femminismo ai femminismi fu questo mentre, per quanto riguarda il versante del “divorziare”, possiamo constatare che inizialmente esso fu davvero una scelta alternativa e che pochissime persone decisero di lasciarsi legalmente: alcune perché costrette dai doveri morali, altre perché non vedevano un’alternativa alla famiglia d’origine.

Oggi non è più così e se da un lato il divorzio è sinonimo di libertà individuale, dall’altro anche spaventa perché è divenuto chiaro a chiunque (man mano che ha preso forza la consapevolezza individuale dei cambiamente storici) che oggi i rapporti interpersonali sono destinati a finire. I dati Istat del resto lo confermano: in quindici anni i divorzi sono triplicati. Nel 1995 se ne contavano 80 ogni mille matrimoni, nel 2005 si era saliti a 150, per toccare quota 273 ogni mille matrimoni nel 2007. Per renderla più chiara ogni anno si sfasciano circa 200 mila famiglie.

E’ dagli anni novanta, e cioé a distanza di 20 anni dall’introduzione della legge sul divorzio, che assistiamo invece alle prime “reazioni” maschili.

Nel 1988 nasce l’ISP (Istituto Studi Paternità) fondato dal giornalista Maurizio Quilici. Si tratta di una organizzazione con “obiettivi scientifici e culturali” in ordine alla promozione della “cultura della paternità e di tutti gli aspetti psicologici, pedagogici, sociali, biologici, storici e giuridici collegati”. Successivamente, e anche in collegamento conl’ISP, a partire dal 1991, iniziano a fare la loro comparsa i primi movimenti di genitori separati. Il primo movimento recante la denominazione di “Associazione Padri Separati” (APS) nacque a Rimini nell’autunno del 1991 grazie all’industriale Alberto Sartini, mentre due anni più tardi, Marino Maglietta, fisico dell’Università di Firenze, fondò l’associazione nazionale Crescere Insieme. A Napoli nel 1992, sotto la guida del prof. Bruno Schettini, vede la luce l’associazione “Genitori Separati” (Ge.Se.).Gli anni seguenti videro poi la nascita di parecchie associazioni di padri. Nella primavera del 1994 fu fondata “Papà Separati Milano” – Associazione per la tutela dei diritti dei figli nella separazione” – sotto la guida dell’ing. Ernesto Emanuele. A Roma fu fondata Gesef (Genitori Separati dai Figli) il cui primo presidente fu Elio Torelli. Dal movimento di Ernesto Emanuele, il 30 aprile 1998, nacque a Napoli l’associazione “Papà Separati” (APS) fondata dal dr. Alessandro Ciardiello, che da subito si caratterizzò per una costante diffusione in tutto il territorio, divenendo ben presto Associazione Nazionale (ANPS). Nell’anno 1999 nacque l’Associazione Mamme Separate, ad iniziativa del Presidente Rosy Genduso.

Il vasto panorama delle associazioni di genitori separati, tuttavia, indica che anche qui la separazione rimane la chiave paradossale con cui, cercando di affrontare un problema, lo si esaspera: gli stessi padri separati spesso si dimostrano incapaci di coalizioni efficaci e riescono solo a separarsi fra loro perché ognuno vuole comandare e se non ci riesce si separa. Ben pochi sono disposti ad ammettere questa dinamica della quale però tutti i militanti hanno comunque consapevolezza tanto che all’inizio del marzo 2008 emerge vincente la proposta per la costituzione di una nuova forma associativa, onde compensare l’eccessivo frazionamento delle associazioni di genitori separati.

Pochi anni fa si pensò infatti di dar vita ad un nuovo soggetto: una associazione di associazioni che avrebbe fatto da collettore per i rapporti con media e istituzioni. Inoltre il nuovo soggetto avrebbe potuto elaborare nuove proposte di modifica normativa da sottoporre al Parlamento, oppure dare forza a quelle già presentate da altre associazioni. La nascita di Adiantum si concretizza il 12 giugno 2008, durante il Simposio di Nisida, quando otto associazioni firmano un protocollo di intesa per la nascita dell’Associazione Di Associazioni Nazionali per la Tutela del Minore (Adiantum).

Siamo dunque giunti a parlare di quello che sta avvenendo adesso. Infatti a seguito di una progressiva presa di coscienza da parte dei movimenti satellitari (idealmente satellitari al movimento iniziale che fu promotore del divorzio), esistono e sono sempre più presenti le associazioni dei genitori che vivono sulla propria pelle e su quella dei loro figli gli aspetti più negativi di una normativa lacunosa e faziosa che aveva imposto regole spesso disumane al divorzio. Si tratta di associazioni nazionali e locali che con sempre maggiore convinzione e determinazione pongono al centro del problema “separazione coniugale” i figli. Già, proprio loro! I figli che nelle separazioni erano stati gli attori-spettatori dimenticati dal femminismo (autore e propulsore della prima normativa) e che, nell’ansia del conseguimento dei diritti femminili, pare avesse grossomodo allontanato dalla realta’, spesso relegandoli in sacche di immane sofferenza.

Oggi che i padri (ma anche molte madri!) rivendicano un diritto di famigllia più attento ai figli, queste loro associazioni sembrano vivere la stessa “fortunata” stagione che visse il femminismo quando, denunciando la mancanza di diritti femminili, ebbe dalla societa’ civile praticamente carta bianca. Le associazioni dei genitori separati riportano sulla scena – quale protagonista principale – I FIGLI e trovano (non sembra vero!) dall’altra parte della barricata un movimento delle donne ripiegato su se stesso e che difficilmente potrra’ essere legittimato ad avanzare istanze per i minori considerato il fatto che in quaranta anni di vita dei figli il femminismo non ha mai parlato se non in funzione delle reiterate iniziali istanze sempre a favore degli adulti di sesso femminile.

Ecco perché il conto è ancora aperto e deve essere chiuso in fretta. Ed ecco anche perché l’orizzonte si profila abbastanza azzurro considerato che il riequilibrio dovra’ necessariamente passare per questa strada consentendo tra l’altro le mediazioni che negli anni settanta non furono possibili e che adesso vanno a braccetto con l’interesse superiore dei minori.

Il cammino sembra quindi destinato a nuovi equilibri che dovremmo poter apprezzare molto presto e che riportando in primo piano l’interesse dei figli consentiranno anche un  recupero di genitorialita’ e diritti maschili.

Il superiore interesse del minore non può del resto altro che spingere in questa direzione.

E’ stata lunga – potremmo dirci – ed è stata anche dura la strada percorsa.

Sono in molti coloro che adesso vorrebbero poter guardare indietro e chiedersi se ne sia valsa o meno la pena: tanta sofferenza, tanta ingiustizia, tanto sangue anche, alla fine per chiedere e ottenere giusti diritti per il genere femminile effettivamente ha in sé qualcosa di paradossale.  Questo tipo di domande, pur essendo umanamente più che comprensibili, non credo posano avere risposte certe. Forse non potranno proprio avere risposte. Del resto la storia, ci risponderebbero i più machiavellici, ha le sue imperscrutabili ragioni….

Molto probabilmente altro non resta che rallegrarci per una meta che ormai sembra ragionevolmente vicina. Non rimane altro che collaborare e restare uniti per poter varare un nuovo diritto di famiglia rispettoso ed equilibrato verso le necessità di tutti i soggetti coinvolti sia nella formazione che nella separazione di un nucleo familiare.

Solo allora si potranno quindi chiudere i conti di una rivoluzione sociale apertasi ufficialmente con la legge sul divorzio del 1970.

“Il Padre è una figura fondamentale, presente, come lo è quella della Madre, archetipicamente nella psiche di tutti, una figura che ci guida nel mondo mediante regole senza le quali siamo perse, che ci dà la capacità di elaborare il dolore, che ci dà stima e forza in noi stessi, e ci regala la voglia, e la possibilità, di guardare in alto, e oltre, alla ricerca di nuovi domini e nuove dimensioni da affrontare”, citando “Nel segno del padre” di G. Giordano.

Quaranta anni. Una generazione o poco più per perdere e ritrovare il padre, i figli ed i loro ruoli fondamentali nella crescita della nostra così come di qualsiasi civilta’. Quaranta anni per rivalutare le loro ragioni e la loro ricchezza. Quaranta anni per reinserire padre e figli nel tessuto vivo della nostra stanca e (ma solo a volte e per periodi di tempo limitati) distratta societa’.