“Non dimentichiamoci che lo sterminio nazista fu legale” – Intervista a Piercamillo Davigo, Magistrato

Il magistrato milanese, che ha fatto parte del pool Manipulite e ora è membro della Cassazione, parla del mestiere di giudice

“Agli insulti e alle minacce – esordisce – siamo abituati. L’Italia ha memoria corta perché queste situazioni le abbiamo vissute in passato quando ci siamo occupati di terrorismo, crimini organizzati, corruzione”.

C’è chi ha detto che non basta vincere un concorso per fare giustizia: cosa risponde?

Almeno abbiamo vinto un concorso. In un Paese in cui la meritocrazia non esiste è un buon punto di partenza.

Il livello qualitativo delle ultime generazioni di magistrati sarà all’altezza del compito?

L’approccio a questa professione prevede una preparazione consistente e approfondita. All’ultimo concorso a 500 posti c’erano 30 mila domande e gli idonei sono stati 253. Un risultato che fa pensare.

Quanto conta per un magistrato avvertire il consenso della gente?

Personalmente nel mio lavoro agli applausi preferisco i fischi. Li trovo più efficaci per elevare la soglia critica ai fini del raggiungimento del risultato.

A quando risale la sua scelta di occuparsi di giustizia e perché?

Ai tempi dell’Università. La funzione di operatore di giustizia mi è parsa la più nobile pur considerando che è anche un mestiere ad alto rischio d’errore.

Quali le qualità più necessarie per affrontare questa sfida?

La cautela, scienza e conoscenza intese come dovere di diligenza professionale e l’attitudine ad agire secondo coscienza. Servono cuore saldo e schiena dritta per non farsi intimidire né piegarsi al prepotente. Essere indipendenti. Chi non lo è non ha giustificazioni.

Sente mai il peso della solitudine cui il suo lavoro la obbliga?

La solitudine è insita nel ruolo e ci si abitua. Il peso di decidere è il nostro mestiere.

Ricorda ancora il suo primo caso importante?

Ero al mio primo incarico al Tribunale di Vigevano. Concussione all’Ufficio Iva: furono arrestati 29 funzionari su 30. Ma risale a 33 anni fa.

Il periodo del pool Mani Pulite ha lasciato segni indelebili?

Lo ricordo come un momento terribile, un turbinio di eventi. Mi dico che se ne sono uscito allora nulla più mi spaventa.

Legalità e giustizia non dovrebbero coincidere?

Le leggi dovrebbero essere giuste. Accade però solo in un mondo ideale. Non dimentichiamoci che lo sterminio nazista fu legale. Nella Costituzione Italiana l’art. 2 “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. E’ un principio fondamentale.

Come stiamo oggi a corruzione rispetto a vent’anni fa?

Difficile dirlo. Per la corruzione la cifra nera (differenza tra reati commessi e reati denunciati) è altissima. Le statistiche non misurano i reati commessi ma quelli denunciati. E le denunzie dipendono da diversi fattori: dalla speranza di avere giustizia da parte di chi denuncia alla fiducia negli apparati repressivi. La percezione però è che sia aumentata.

La giustizia italiana dà sufficienti garanzie ai cittadini?

Senza dubbio se riferite a evitare la condanna di un innocente. Non altrettanto se si tratta della tutela delle vittime, né nel civile né nel penale.

Che cosa pensa dell’annunciata riforma epocale della giustizia?

Non ha nulla a che vedere con i veri problemi che l’attanagliano. L’assetto ordinamentale è altra cosa. La giustizia italiana sconta una crisi di efficienza ed efficacia.

Ha qualche idea per risolverle?

Moltissime. Evitare processi del tutto inutili come quelli nei confronti degli “irreperibili” (che poi portano condanne dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti dell’uomo). Il Parlamento è stato sollecitato ma senza effetti. E poi evitare le “minutaglie”. In Cassazione ci occupiamo di 50 processi al giorno. L’ultimo di cui mi sono occupato è stato “appropriazione indebita di pecore con brucellosi”. Le sembra possibile?

Mai considerato l’idea di entrare in politica?

Assolutamente no. Sono convinto che chi fa questo mestiere si attiene a un criterio di competenza e non a quello di rappresentanza riconducibile a chi svolge un’attività politica.

Le intercettazioni sono un problema per i cittadini?

Si tratta di una leggenda metropolitana. In Italia esistono maggiori garanzie rispetto ad altri Paesi.

Cosa risponde a chi ne denuncia i tempi troppo lunghi?

Che dimostra scarsa conoscenza del problema. Di solito chi è intercettato non è un imbecille che telefona dal “fisso” di casa…

Qual è la forza del suo carattere?

Conosce la poesia di Kipling “If”? Se né amici né nemici riescono a ferirti….

Il teatro che porta in scena testi di magistrati affidandoli all’interpretazione di giudici può diventare strumento per la diffusione della legalità?

Non c’è da stupirsi considerato il suo potere comunicativo. In un sistema democratico non possono esserci troppi segreti.

Un magistrato può essere definito un eroe?

Sì, se ha pagato con il prezzo della vita. Ma come ha detto Falcone “chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

 

[Fonte http://www.ilfriuli.it/if/top-news/57891/]

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