La nostra cultura ha perso il Padre, e non può più crescere

Siamo una società di eterni figli, in accontentabili, viziati, incapaci di trovare un Senso e un Logos nell’esistenza, di definirci attraverso limiti e non soltanto bisogni.

Dalla nostra società è scomparso il Padre: ma non solo il ruolo, la figura familiare, il genitore di sesso maschile.

E’ scomparso pure quello, se vogliamo, ma soprattutto è scomparso dalla nostra coscienza, dalla nostra psiche più profonda. E non va identificato solo con la mera figura familiare, o, peggio ancora, con il figlio di mamma violento, prepotente, viziato, che quando si sposa pretende di restare il bambino inaccontentabile reso tale da una “mamma” sempre a disposizione, e che pretende di trovare nella compagna solo una persona che, con le buone o le cattive, lo accontenti e non gli imponga confronti.

I nostri figli vengono fagocitati sempre più dai desideri, dai nostri o dai propri poco importa, e non riescono a trovare più limiti che diano loro stima di sé stessi e senso al proprio esistere nella diversità e nella responsabilità delle proprie scelte.

Gli stessi figli vengono ridotti a optional del passatempo, e buttati in un cassonetto se considerati un peso, un ostacolo, o anche i testimoni di una vita non goduta: la madre figlicida è sempre considerata incapace di intendere e volere, al contrario del padre figlicida che viene sempre considerato colpevole perchè capace di intendere e volere, proprio perché il figlio è considerato sempre più una cosa destinata solo ad allietare e gratificare un’esistenza.

Abbiamo perso la capacità di ascoltare il Padre che è dentro di noi.

Il Padre è una figura fondamentale, presente, come lo è quella della Madre, archetipicamente nella psiche di tutti, una figura che ci guida nel mondo mediante regole senza le quali siamo perse, che ci dà la capacità di elaborare il dolore, che ci dà stima e forza in noi stessi, e ci regala la voglia, e la possibilità, di guardare in alto, e oltre, alla ricerca di nuovi domini e nuove dimensioni da affrontare.

La nostra cultura ha perso il Padre, e non può più crescere: siamo destinati a restare una società di eterni bambini, sempre indecisi fra una merendina e un videogioco, incapaci di andare oltre e affrontare l’esistenza dalla porta dell’esistenza e non dal video del reality show o dell’ultimo videofonino acquistato.

[Fonte http://www.giannifurlanetto.it/wp-admin/post.php?post=213&action=edit]

Un commento

  • Buongiorno.
    L’articolo mi sembra molto interessante e vorrei lasciare un parere.
    Una delle conseguenze più rilevanti del fatto che si rimanga “bambini” è che si resti persone incapaci di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, quindi incapaci di fare delle scelte. Ora, fare delle scelte è quello che caratterizza la vita in democrazia.
    In un momento storico come questo, caratterizzato dalla continua perdita di diritti sociali, credo ci sia un legame tra, appunto, la perdita dei diritti e l’incapacità di crescere che ormai caratterizza almeno tre generazioni di italiani e non solo.
    Per questo è fondamentale che il ruolo del padre venga, da un lato recuperato, e dall’altro mantenuto anche da chi si trova ad affrontare il difficile compito di essere una guida per i suoi figli senza la’iuto di una compagna.

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